Quando ero piccola
soffrivo spesso di febbroni a temperature assurde: superavo
frequentemente i 40° e mi riempivano di tachipirina e antibiotici
(oltre alle scientifiche pezzature di acqua ghiacciata e alcol). Il
mio stomaco si rivoltava, la bocca diventava di sabbia e a quel punto
mio padre, quando rientrava dal lavoro, mi portava i pescetti di
liquirizia. Ora non voglio che pensiate che mio padre fosse (sia) una
persona premurosa e attenta. Tutt'altro. E infatti io di questo
episodio ho un ricordo neutro. Come di una cosa come un'altra che
succedeva. Ma anche da adulta, insomma, sono golosissima di
liquirizia, dura, morbida, salata, dolce. Tutta. Sarà perché a casa
lo siamo un po' tutti. Comunque come dicevo mio padre comprava questi
pescetti di liquirizia racchiusi in una bustina gialla, in un negozio
di Roma piuttosto noto almeno per quelli del mio quartiere. Il
negozio si chiama Castroni ed è pieno di leccornìe e dolcezze
varie. Era a un passo da casa e proprio sulla strada che faceva, che
fa, mio padre tornando dal lavoro.
Mio padre la percorre
tutti i giorni, 4 volte al giorno, su e giù, avanti e indietro, in
bici o a piedi, da 40 anni. Casa nostra è scelta con una cura e
attenzione scientifica: a casa mia quello che piace, diverte, perde
sempre con quello che è utile. Il piacere, insomma, non batte ma il
dovere, almeno in famiglia. E contro una casa bella, grande luminosa,
investimento un po' più rischioso, i miei ne hanno comprata una
esattamente di fronte e più buia, piccola no, ma quanto basta per 4
persone. Anzi, quanto non basta, l'importanza era che la casa non
richiedesse un sacrificio eccessivo, appunto, e che fosse comoda per
mia madre, che lavorava in un ministero a Piazza Barberini (quindi
metro A) e mio padre che lavorava, lavora, appunto, a piazza della
Libertà. La scelta cadde su un appartamento al terzo piano di Via
Cola di Rienzo all'altezza di Piazza Risorgimento. Per chi non
conosce Roma o la strada, Via Cola di Rienzo inizia a Piazza
Risorgimento e finisce a Piazza della Libertà, e viceversa.
Prati, il quartiere, è
considerato signorile ma quella in realtà è la parte più
commerciale. Via Cola di Rienzo, infatti, nel corso degli anni, si è
riempita di negozi, quando meno eleganti, quando più. Accanto ai
negozi, nascosti all'interno dei palazzi, Via Cola di Rienzo brulica
di avvocati, come mio padre. Un maestro, si definisce. Io non lo so.
Io ho preso la laurea che voleva e me ne sono andata. Prima di
andarmene, però ho percorso quella strada in lungo e in largo un
numero indefinito di volte. Pensate al numero più grande che
riuscite a immaginare, pensate a un bambino che allarga le braccia
per rispondere alla domanda: “quanto vuoi bene alla mamma?”,
ecco, io di più.
A metà strada, là dove
ora c'è un punto vendita Nike, e prima ancora Mango e prima ancora
non so, avevano aperto il primo fast food italiano. Prima di
McDonald's a Roma, prima di Eataly di Farinetti, a Via Cola di Rienzo
c'era Italy&Italy e le mie prima uscite da sola (anche se mio
padre si ostinava a venire anche lui, dicendo che si fermava un
secondo e se ne andava subito e invece si prendeva un'insalata,
lamentandosi della qualità). E il mio liceo era appena dopo lo
studio di mio padre, alla fine della strada, proprio di fronte al
Tevere. Sì, perché al di là di Piazza della Libertà, sempre per
chi non conosce Roma, o la strada, c'è il Tevere e il Ponte della
Libertà che porta a Piazza del Popolo. Non mi era concesso di
attraversarlo. Per moltissimi anni quello che potevo fare il
pomeriggio era arrivare allo studio di mio padre e tornare. Con delle
pause in mezzo. Italy&Italy, ma anche una libreria, di quelle
piccole, non era nemmeno tanto piccola, ma non apparteneva a nessuna
catena, o sarà che era un periodo in cui le catene di librerie non
c'erano ancora, o se c'erano erano comunque librerie e non
supermercati. Comunque ci passavo un sacco di tempo. Ora c'è un
negozio di abbigliamento per adolescenti. Poi quando avrei potuto
attraversare quel ponte, non riuscivo a farlo. Nel periodo
dell'Università studiavo fino alle 6, le 7 di pomeriggio, passavo
tutto il giorno in casa, non frequentavo, insomma non è che mi
piacesse moltissimo quello che studiavo, però appunto a casa, mia,
piacere e dovere erano collocati in luoghi molto precisi, comunque
finito in qualche modo quello che dovevo fare, uscivo. Via Cola di
Rienzo a quell'ora, in qualsiasi stagione, è sempre gremita di
gente, sembra un formicaio su cui qualcuno ha messo per sbaglio un
piede. E all'angolo con via Fabio Massimo c'era sempre un signore che
vendeva le caldarroste o i lupini, a seconda della stagione. Stava lì
tutto il giorno, ma a quell'ora, alle sue spalle c'era sempre la
figlia, stringeva al petto dei libri. Io arrivavo fino al Ponte della
Libertà,.
A quel punto potevo andare dove volevo, avevo il permesso
di farlo e avevo fatto ciò che dovevo. Ma non riuscivo ad
attraversarlo. Mal d'aria. Soffrivo la mancanza di terra sotto ai
piedi. Poi mi è passato. Chissà.